Dopo il periodo cupo del proibizionismo, in vigore negli Stati Uniti dal 1919 al 1933, iniziò gradualmente l’avvicinamento alla cultura del vino. Anche se tuttora il consumo di vino è relativamente poco diffuso, la popolarità del vino è in continua crescita.
Il vino negli USA viene prodotto a partire da vitigni di origine Europea (Vitis Vinifera), per quanto esistano localmente piccole produzioni di vino da Vitis Labrusca, autoctone negli Stati Uniti.
Questi vini hanno sapori e odori caratteristici e particolari, con ricordi di “selvatico” o “foxy”, in genere non molto graditi ai consumatori moderni, che associano al vino le tipiche caratteristiche di quelli prodotti con viti Europee.
La produzione di vino negli Stati Uniti ha inizio con i primi insediamenti Europei, avvenuti nel XVI secolo circa. Il vino prodotto con le specie indigene risultava ben diverso dalle aspettative del gusto Europeo, e si iniziò quindi ad importare dall’Europa esemplari di Vitis Vinifera allo scopo di ottenere un prodotto simile a quello del “vecchio mondo”.
Le prime coltivazioni di vite ebbero luogo in Virginia, stato che climaticamente veniva ritenuto il più adatto per la viticoltura. In realtà né qui né in altri stati fu possibile avviare una produzione significativa, a causa della presenza di malattie e parassiti, di cui il più temibile era la fillossera, per le quali le specie Europee non avevano sviluppato alcuna difesa.
Così come in Europa, la soluzione del problema venne individuata incrociando le specie native americane con le specie Europee. La California fu il primo stato ad ottenere i primi successi della coltivazione delle specie Europee, verso la metà del 1700. La “corsa all’oro” a cavallo del 1800 spostò masse di popolazione verso ovest, e contribuì in modo determinante allo sviluppo economico della California.
Lo sviluppo della vitivinicoltura americana si arrestò con l’introduzione del “diciottesimo emendamento” della costituzione, che segnava l’inizio del periodo del proibizionismo. Per quasi 14 anni, tra il 1919 e il 1933, il provvedimento ha vietato di fatto la produzione e la commercializzazione di qualunque bevanda alcolica. Anche dopo la revoca dell’emendamento, a causa della recessione economica, l’industria del vino faticò a risollevarsi.
La vera rinascita della produzione enologica negli Stati Uniti e della California in primis è dei primi anni del 1970. La produzione vinicola degli Stati Uniti ha ormai raggiunto un livello di qualità pari a quello dell’Europa, ma il consumo di vino non è di fatto ancora riuscito ad occupare un posto di rilievo nelle abitudini della gente, da una parte per ragioni di costo rispetto alle altre bevande alcoliche e dall’altra per ragioni salutistiche e pregiudiziali.
La definizione del sistema di qualità per il vino prodotto negli Stati Uniti d’America risale al 1978, con l’introduzione delle AVA, American Viticultural Areas.
Rispetto agli standard Europei la normativa AVA è molto più generica e permissiva.
Il principale fattore garantito dal sistema è la zona di provenienza di un vino, mentre non vengono riportate indicazioni precise relativamente alle pratiche enologiche, le varietà di uve permesse, la resa massima e altre indicazioni previste invece nelle regolamentazioni dei paesi Europei.
I produttori in pratica possono utilizzare qualunque pratica enologica e qualunque uva purché sia stata coltivata nella zona definita da un’AVA. Almeno l’85% delle uve utilizzate per un vino devono provenire dalla zona di denominazione. I vini mono varietali devono essere prodotti con almeno il 75% della specie dichiarata, salvo eccezioni.
Il numero di AVA previste dal sistema di qualità americano è oggi di oltre 140, suddivise in diversi stati. Oltre alle AVA esistono altre tipologie di denominazione:
- American or United States che definisce sia vini varietali (prodotti con una sola specie di uva) sia vini assemblati, la cui provenienza può essere da qualunque parte della nazione e che non possono riportare in etichetta l’anno di vendemmia
- Multi-State Appellation per vini provenienti da due o tre stati confinanti, con indicata in etichetta la percentuale di vino proveniente da ogni singolo stato.
- State Appellation definisce un vino prodotto con almeno il 75% dell’uva coltivata nello stato di denominazione, mentre il restante può provenire da qualunque altro stato
- Multi-County Appellation che prevede vini provenienti da due o tre contee confinanti, con la percentuale di vino proveniente da ogni singola contea riportata nell’etichetta
- County Appellation per vini prodotti con almeno il 75% dell’uva coltivata nella contea di denominazione, mentre il restante può provenire da qualunque altra contea.
Vi è una sostanziale differenza tra l’ovest e l’est del Paese.
Partendo dall’assunto che vino americano vuol dire perlopiù vino californiano (circa il 90% della produzione nazionale), è dunque il versante occidentale quello più vocato, con Sonoma e Napa Valley tra le aree più famose. Qui sono i vitigni cosiddetti internazionali a farla da padroni, con il rosso Cabernet Sauvignon a dettare legge; seguono poi il Merlot, il Syrah (localmente chiamato Shiraz), il Pinot Nero ed il semi-autoctono Zinfandel (Primitivo). Tra i bianchi quello più coltivato è lo Chardonnay, seguito da Riesling, Pinot Grigio e Gewürztraminer.
La costa orientale invece vede un consistente utilizzo di vitigni autoctoni, frutto di ibridazioni tra la vitis labrusca e la vinifera: si sente spesso parlare di varietà come la Concord, il Baco Noir e la Catawba (rosse), e Niagara, Seyval Blanc, Vidal Blanc e Vignoles tra le bianche, con le ultime due utilizzate per i famosi Ice Wines, i vini di ghiaccio. Tra le bacche internazionali, troviamo un vigneto allevato perlopiù con varietà bianche, come lo Chardonnay, il Gewürztraminer e il Riesling, e tra quelle nere il sempre presente Cabernet Sauvignon affiancato dal Merlot.
La California è lo Stato più importante dal punto di vista enoico, coprendo da sola circa il 90% della produzione nazionale. Napa Valley e Sonoma sono i centri nevralgici della produzione di vino; in queste due aree, poste a nord di San Francisco, sono distribuite la maggior parte delle cantine e dei vigneti, grazie ad una posizione strategica, vicina all’oceano e protetta dalle montagne. Sono queste le due regioni elettive dello Zinfandel, che viene coltivato e prodotto dalla maggior parte delle cantine.
Poco più a nord della California troviamo altri due stati emergenti nel panorama enoico nazionale ed internazionale: Oregon e lo Stato di Washington, ai confini con il Canada.
L’Oregon è la Borgogna delle nuove frontiere del vino; le estati meno calde di quelle californiane e gli inverni meno freddi di quelli dello Stato di Washington offrono le condizioni ideali per sublimare il Pinot Nero.
Nello Stato di Washington i terreni vitati sono divisi in due dalla catena montuosa delle Cascades, che da Vancouver corre fino alla California. Le montagne bloccano le nuvole in arrivo dall’oceano rendendo necessaria l’irrigazione sul versante orientale dello Stato.
Spostandosi verso la costa est, andiamo nello Stato di New York, il più prolifico produttore della East Coast.
Con una produzione destinata al mercato interno, la regione è nota per il suo atipico impianto di vitigni composto da un 70% di varietà ibride americane, tra cui il Concord ed il Niagara. Mentre la costa occidentale gode di un clima simile a quello mediterraneo, quella orientale è connotata da inverni rigidi, simili a quelli dell’Europa centrale, dell’Alsazia e della Germania, per questo i vignaioli locali hanno optato per vitigni aromatici come il Riesling ed il Gewürztraminer.
A dirla tutta sono i cinquanta Stati del continente americano a produrre vino, solo che molti acquistano le uve da quelli più produttivi, dal momento che la legge statunitense in materia enologica lo concede.